PD – Pranzetto Delizioso

di Fiorenza Valentini
Come generare un nuovo “menu” politico
Alcuni volonterosi hanno avuto l’ispirazione di creare un grande ristorante, che possa accogliere qualsiasi genere di clientela, con una tale varietà di piatti che sia in grado di accontentare tutti e di non scontentare nessuno, utilizzando i locali che erano precedentemente gestiti da un altro gruppo che non ha avuto né successo né seguito.
Sarebbe utile innanzitutto licenziare tutti i cuochi, gli chef e il maître del ristorante “Al buon governo”, avendo cura di cambiare anche il nome del locale, considerando che dopo meno di due anni di gestione, del ricco e vario menu promesso agli inizi dell’attività, i gestori erano in grado di offrire solo panini con la mortadella.
Quindi scegliere accuratamente personale che abbia competenza in diverse preparazioni, ma combinate in modo da accontentare un po’ tutta la clientela.
È importante che sia garantita l’assoluta autonomia nella gestione del nuovo ristorante, gratificando nel contempo con qualche ‘salsa alla leccatina’ la temibile concorrenza dell’antico e notoriamente frequentato locale “Ecclesiam”, specializzato in preparazioni mistiche, che imperversa in maniera tentacolare da una enclave situata in territorio italiano, a sua volta enclavata nella città di Roma. Inoltre, anziché rinnovarsi, sta mettendo in atto una progressiva regressione che lo potrebbe configurare in una nuova identità di tipo medievale.
Introdurre nelle preparazioni verdure provenienti dalla tanto contestata - anche se legalmente riconosciuta - azienda ‘A-B-orto’, ma non menzionarle eplicitamente, in quanto numerosi già clienti dell’“Ecclesiam” eviterebbero accuratamente di frequentare il nuovo locale.
Contrastare e demolire soprattutto le offerte e proposte dell’altro decennale concorrente, il ristorante “da Silvio”, che ha la sede principale a Milano e sta cercando di riaprire quella di Roma, già fallita nella precedente gestione. Recentemente il proprietario ha licenziato alcuni cuochi accusandoli di avergli rovinato i piatti, e ora sta proponendo le stesse identiche pietanze con le medesime salse, servendosi però di uno staff definito ‘rinnovato’ (inteso come denominazione e insegne, i dipendenti sono alcuni di quelli rientrati dalla precedente gestione).
Cercare di non introdurre secondi piatti composti esclusivamente da carni rosse, oppure renderli anonimi e privarli di storiche etichette d’origine, poiché potrebbero insospettire la gran parte dei clienti cosiddetti “indecisi”.
Ricordare che alla fine è il mucchio degli indecisi che stabilirà, con le sue preferenze, chi si piazzerà comodamente nelle poltrone dei due notissimi ristoranti romani, “La Chambre” e “Senatus Populus”.
Comporre e stampare un menu ricco, colorato e allettante, infarcito da golosi slogan pubblicitari. Non importa se le immagini non corrisponderanno alle preparazioni che i commensali si ritroveranno nel piatto, tanto più che non è prevista la clausola ‘Soddisfatti o rimborsati’.
Utilizzare per il menu nomi promettenti, per esempio ‘farfalle volanti del lavoratore’, ‘cavolo di stipendio’, ‘menu magro per pensionati’, magari inserendo una opzione particolare: ‘Si offrono gratuitamente gli avanzi rimasti a famiglie in difficoltà’. Un’offerta che potrebbe ottenere la fiducia di migliaia di probabili clienti che si trovano in condizioni economiche disastrose.
Proporre notevoli sconti e poltroncine privilegiate alla classe dirigente e, in misura assai ridotta, sconti e promozioni a clienti della classe operaia, facendo in modo di far rientrare questi ultimi aumentando i prezzi delle bevande oppure servendo porzioni dimezzate.
Distribuire e spedire milioni di depliant e simil-schede da utilizzare per le prenotazioni, rivolgendosi ai cittadini come se si trattasse di amici personali, come fatto fin dai tempi della vecchia, gloriosa trattoria “Alla Repubblica”.
Si può fare? Funzionerà? BOH!
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