15 giugno 2007

Menu culturale



di Stefano Ferello

Parte I. (Aperitivo, antipasto, primo e sgroppino)


“Che facciamo stasera? Fanno qualcosa in giro?”
Domande che tutti noi abbiamo pronunciato almeno una volta.
Eh già! Come si fa a sapere cosa fanno in giro?
Spesso ci si affida alla parola dell’amico o del conoscente che ci segnala un concerto o un “teatro” o una manifestazione, proprio perché è lui né è più o meno direttamente coinvolto.
E’ il contatto personale, cioè il classico passaparola, che in molti casi indirizza la scelta.
Passaparola piò essere anche un sms o una mail.
“Sai che canto in un coro? Domani sera facciamo un concerto. Vieni?”
Ma esiste un modo meno “raccomandato” e non basato sulla conoscenza personale?
C’è la possibilità “neutra e aperta a tutti” di sapere qual è l’offerta culturale del territorio dove viviamo?
La risposta è ovviamente sì.
Però è più facile a dirsi che a farsi, perché le informazioni bisogna quasi sempre procurarsele.
Ovviamente è impossibile poter raccogliere dati su tutti gli appuntamenti, però ci si può provare.
Le fonti classiche per reperire informazioni sono i giornali locali e i vari manifesti, depliants e volantini reperibili un po’ ovunque nei luoghi di pubblica frequentazione (piazze, bar e locali, , centri commerciali, uffici turistici, pro loco, biblioteche, e naturalmente presso gli stessi teatri, sale riunioni, auditorium..)
Esistono anche pubblicazioni “ad hoc” in formato tascabile (la più nota è “occhi”) che con cadenza mensile presentano l’elenco delle manifestazioni ordinandole per data.
Questi “pocket” hanno però il grande limite di non effettuare la ricerca della notizie e di offrire ai lettori solo ciò che viene segnalato alla redazione.
I “cacciatori di eventi culturali” più evoluti, possono avvalersi di internet, ma si rischia di “navigare a vista” e senza bussola. Spesso si devono visitare molti siti per raccogliere un numero soddisfacente di informazioni.
In pratica se si vuole conoscere “cosa fanno in giro” senza dipendere dagli altri o aspettare che qualcuno ce lo dica, bisogna darsi un po’ da fare.
Quanto e come attivarsi è una scelta di ognuno di noi e naturalmente molti sono i fattori che indirizzano verso uno spettacolo piuttosto che un altro.
Tanto per citarne alcuni, i più banali e ovvi, dipenderà dalle preferenze personali (mi piace la musica piuttosto che il teatro).
Oppure se lo scopo principale è trascorrere una serata in compagnia di amici o con il partner e l’avvenimento culturale non è così importante (qualsiasi cosa si faccia è solo un pretesto, un’occasione).
Infine, gli aspetti logistici ed economici (mi piacerebbe questa manifestazione, ma si svolge un po’ lontano e/o il biglietto è abbastanza costoso).
E naturalmente c’è sempre la possibilità/tentazione di non scegliere nulla di tutto ciò, perché si preferisce trascorrere la serata altrimenti, per esempio con una molto meno impegnativa cena in compagnia seguita da eventuale passeggiata in centro.

Al di là delle dinamiche di gruppo, delle motivazioni personali o della volontà di scelta o non-scelta, è indubbio che il primo passo perché le persone partecipino è dare la possibilità di scelta, cioè rendere facilmente accessibile le informazioni su luoghi e date di svolgimento degli avvenimenti.
Insomma la situazione sembra questa: la gente potenzialmente potrebbe essere interessata, ma non ha voglia o tempo di informarsi perché cercare le informazioni costa un po’ attenzione e/o impegno.
Non a caso un tipico “luogo culturale veneto” è il centro commerciale o il cinema multisala: luoghi dove l’offerta è luccicante e attraente, facile e invitante e quindi la gente (o meglio la massa?) trova ampia possibilità di scelta e non deve faticare.
La maggior parte delle persone partecipa solo se trova la “pappa pronta”? E allora bisogna preparare un “menu’ culturale” !
Sono regole che stanno alla base del commercio e del marketing, ma che non sembrano trovare applicazione in campo culturale.
Eppure anche la cultura deve far sapere che esiste e in qualche modo “attrarre clienti”.
Altrimenti rischia di rimanere un “oggetto estraneo”, poco conosciuto e poco invitante.
Rischia di rimanere di nicchia non per scelta di essere “esclusiva e intellettuale”, ma per semplice mancanza di divulgazione, cioè solo perché la gente non lo sa.
Spesso il singolo ente, comune, associazione, pensa e produce eventi culturali solo per sé stesso, per il proprio territorio, quasi per pochi intimi.
Non c’è una mentalità di diffusione della cultura e delle occasioni, quindi l’informazione non circola, rimane locale e limitata.
Un esempio pratico: spesso piccoli comuni del circondario castellano (tipo Castello di Godego, Tombolo, Istrana, Loreggia ecc…) organizzano eventi anche di buon livello, ma lo pubblicizzano solo nel proprio territorio.
Succede pertanto che l’amico o il parente solo perché residente in quel comune o perché fa parte dell’organizzazione, sparga la voce e magari inviti alcuni amici di Castelfranco Veneto.
Ma quanti altri castellani sarebbero stati presenti se lo avessero saputo?
Certo, non si può avvisare sempre tutti su tutto, ma nemmeno mantenere la notizia quasi segreta.
E poi magari gli organizzatori si lamentano della scarsa partecipazione di pubblico o che non hanno avuto incassi sufficienti e pertanto trovano motivo di non ripetere l’esperienza.
Bisogna uscire da una logica campanilistica e limitante.
E’ la stessa mentalità che ha fatto crescere questa terra sulla teoria del capannone dietro casa, senza nessuna programmazione.

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1 Comments:

At 16:23, Anonymous Anonimo said...

Un menù culturale?

Bella idea....potresti proprio essere tu il redattore, viste le tue
competenze!
Dai fallo che poi ci abbuffiamo! :-)
Bye
Stefano

 

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