15 aprile 2007

300



di Valeria Siviero

Le Termopili, nel nord della Grecia, sono uno stretto passaggio fiancheggiato sui due lati da scoscese montagne e dal mare.
Per Leonida, re di Sparta, è il luogo ideale per la difesa e proprio lì, in attesa che gli alleati greci organizzino le loro schiere, egli intende affrontare il poderoso esercito persiano guidato da Serse; un interminabile tappeto di oltre 2 milioni di uomini, secondo il dato più probabile degli storici. Due milioni contro i 300 guerrieri eletti di Leonida.
Egli infatti non intende aspettare oltre, sicuro che i suoi possano affrontare qualsiasi situazione. L’incredibile disparità numerica non preoccupa il re spartano ed egli appare come un dio mentre combatte, la sua lancia e il suo scudo sembrano scolpiti da mani ultraterrene e la sua forza soprannaturale, così come per i suoi 300 uomini, addestrati fin da bambini e non cedere mai, a non morire.
300 è un film che si inserisce in un’ormai fortunata serie di rivisitazioni storico-mitologiche, diretto da Zack Snyder che, ispirandosi alle tavole originali di Frank Miller, maestro assoluto del fumetto adulto (Spider-man, Daredevil, Sin City), è riuscito a realizzare una pellicola in cui dominano atmosfere cupe, dense, in armonia con gli eventi che si svolgeranno, ma nel contempo piene di quei colori che sono il marchio di fabbrica di Miller, il rosso e il giallo che si fondono sapientemente nel dominante bianco e nero.
Rispetto ai film precedenti, sembra quasi di assistere ad una cronaca di guerra e coloro che rappresentano gli eroi della storia non sono i famosissimi “belli e impossibili”, ma attori più o meno sconosciuti: il re spartano Leonida è interpretato da Gerard Butler (già protagonista del Fantasma dell’opera), certamente non ai livelli di notorietà di un Brad Pitt o di un Russel Crowe, il che mi aiuta ancor più ad immedesimarmi nella storia, e non mi concentro sull’interprete ma sul personaggio.
La battaglia delle Termopili riprende vita sotto i nostri occhi in un susseguirsi di attacchi da parte dell’esercito persiano, ma gli uomini di Serse sono destinati a costituire i mattoni di un alto muro che gli spartani intendono innalzare quasi fino al cielo, come minaccia e testimonianza della loro invulnerabilità.
Mi è rimasta impressa una scena in cui Leonida chiede ad alcuni alleati greci quale fosse il loro mestiere; alla risposte di alcuni di loro ,“il fabbro, lo scultore il contadino”, egli si rivolge ai suoi 300 che in coro affermano di essere solamente guerrieri.
Fonti storiche narrano che i greci combattevano a turno, concedendosi momenti di riposo da quel massacro, accasciandosi al suolo stanchi, sudati e sporchi di sangue per poi tornare a combattere.
Il passo delle Termopili era ideale per la difesa e solo quando entra in gioco il tradimento di un greco, Efialte, che si vende a Serse rivelando il nuovo percorso, la battaglia sembra ormai segnata.
Rimango sconcertata quando vedo cadere il primo guerriero spartano, ormai convinta della loro invulnerabilità, e mi rammento del fatto che essi sono pur sempre uomini mortali.
Snyder riesce a calibrare sapientemente la scene di azione violenta e quelle dedicate allo svolgimento della storia, senza tralasciare i momenti dedicati all’amore, per la compagna, per i figli e alla fedeltà verso il proprio re e i compagni.
Alla fine Leonida venne ucciso e gli spartani dovettero lottare ancora, questa volta per recuperare il corpo del loro re caduto dalle mani dei persiani.
I greci, stremati, si rifugiarono sul colle che sovrasta le Termopili per proteggere quel corpo, ma Serse ordinò che fossero finiti con le frecce.

Oggi sul luogo della battaglia si erge un monumento e su di esso Simonide riportò questa frase:

O viandante annuncia agli spartani che qui
noi giacciam per aver obbedito alle loro parole.


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