Diameter Spherae Thau Circuli Crux orbis non orbis prosunt

Diameter Spherae Thau Circuli Crux orbis non orbis prosunt
"il diametro della sfera, il tau del circolo e la croce dell’orbita non giovano ai ciechi"
Nel territorio di “cittagna”
di Alessandro Boldo
La questione delle aree dismesse ha oramai dilatato in tutta Europa il suo significato, nemmeno Castelfranco ne è rimasta indifferente e recentemente si è interrogata a quali regole deve sottostare il disegno di queste nuove parti della città semiconsolidata.
È vero, non siamo in un periodo dominato da estetiche normative, ma è pur innegabile che la costruzione di una gran parte del territorio non può affrancarsi da un ideale di lungo periodo: per questo anziché volgersi nostalgicamente al passato o riporre totale fiducia nell’attuale commercio al minuto è necessario ripensare il contesto storico e geografico nei suoi aspetti strutturali (più che stilistici) e nelle sue possibilità di trasformazione.
Una sfida in questo senso potrebbe derivare dall’indagare cittagna con occhio diverso, quasi destrutturandola, evidenziando le relazioni tra le singole parti per far emergere i punti di forza e debolezza.
Per tale motivo la questione dell’”Ex-Fram” ( o Ex-Geconf,..) è stata una occasione mancata: uno strumento potenzialmente dalla portata innovatrice e paradigmatico per produrre pianificazione urbana e territoriale ad alto livello: una nuova condizione di possibilità, in grado di offrire un’occasione storica di trasformazione concreta, che non si presenterà più per molto tempo.
Il fenomeno della dismissione è in parte legato alla cessazione (o in questo caso ) al trasferimento delle attività di produzione , ma anche all’ammodernamento di servizi e infrastrutture e dovrebbe essere dunque esteso fino a comprendere il vasto fenomeno della ristrutturazione delle aree contermini. Quando parliamo del P.U.A. - approvato dal C.C. in data 12 novembre 2006 – questo fenomeno interessa non poche aree, ma la realtà totale di Castelfranco, oramai deficitaria di strutture integrate, spazi verdi, reti di connesione, relegando il tutto alla semplice contabilizzazione degli standards.
È stato criticato il modello di urbanistica previsto dal PUA ancora ancorato ad uno sviluppo postfordista, che ha nelle quattro funzioni basilari la sua ragione d’essere (abitare, lavorare, circolare, riposare). Ogni funzione secondo tale realtà occupa un determinato spazio e ad esso viene associata, in modo da ottimizzare il funzionamento: il problema nasce quando queste funzioni si mescolano tra loro generando impatti che lo stesso sviluppo non riesce più a digerire. La cittagna si espande, ma come e con quali strumenti a supporto? Non un indicatore sul piano in oggetto se non quelli relegati alla semplice autopoiesi dello stesso, non un tentativo non una semplice sommatoria di quartieri per nuclei isolati, ma territori più ampi, un vero e proprio ecosistema urbano, in questo caso minacciato soprattutto dalla semi-monofunzionalità dell’area a carattere eminentemente residenziale. L’area e questi fantomatici 183.000 mc. per rispondere al fabbisogno di una collettività devono tener conto di un tipo unico di domanda o deve integrare una molteplicità di richieste?e ancora quali gli strumenti a supporto delle fasce meno abbienti della popolazione (giovani coppie, anziani,..)
Nella comparazione degli andamenti demografici con la costruzione di vani (indicatore per altro vetusto per inquadrare il problema di cittagna), molto realmente 1000 nuovi insediamenti senza servizi di base al cittadini lasciano qualche giustificato dubbio.
L’urbanizzazione di Castelfranco è legata alla sinergia tra privato e pubblico, ma se negli anni ’60 gli insediamenti residenziali erano incoraggiati da un’adeguata distribuzione dei servizi all’interno dei quartieri (pensiamo alle scuole, ai centri di quartiere, ai piccoli commerci,…), ora con il P.U.A. dell’area “Ex Fram” a fronte di un intervento per 183.000 mc. cittagna guadagnerà – forse - una scuola materna che grava sulle tasche del privato per 600.000 €.
Questo dibattito è già caldo, ma vorrei riportare le parole del consigliere Squizzato in C.C. del 11 novembre 2006
” Ci sono casi in cui come nei Piruea, il privato si impegna per 83 euro al metro cubo nella realizzazione di opere di pubblica utilità, in altri casi i privati devono rifondere la collettività con quantità pari al 35% dei volumi edificabili – la cosiddetta perequazione urbanistica delle aree C2. 2 -, qui siamo in una situazione in cui invece si vede un solo lottizzante, anche se proprietario di circa un terzo del volume totale, impegnarsi formalmente per un valore di 600 mila euro, per 180 mila mc, ovvero 3,3 euro/mc, nella realizzazione di opere di pubblica utilità – nella fattispecie la scuola di cui si è saputo di recente”.
Dovendo l’urbanistica gestire e amministrare il bene pubblico principale (il proprio territorio) 3,3 €/mc sono un bel regalo!
Parliamo di densificazione?, tema tanto caro a urbanista moderni nel rispolverare il mito della ville radieuse e forse anche a qualche professore oggi: tuttavia è bene ricordare come l’aumentare della dimensione e della densità urbana porta a notevoli diseconomie legate al verificarsi di fenomeni di inquinamento e di degrado ambientale, congestione dei centri urbani, occupazione del suolo pubblico, impatto visivo, inquinamento atmosferico ed acustico, incidentalità, consumo accelerato di fonti di energia non rinnovabili.
Parliamo di viabilità?
Nel 1991 (addirittura 15 anni fa…) la Commissione della Comunità europea ha pubblicato la Ricerca per una città senz'auto, uno studio per verificare se può essere tecnicamente possibile ed economicamente praticabile un modello di una città in cui la mobilità venga assicurata con altri mezzi, anche tra loro combinati, che non siano l'auto. Le cause dell’insostenibilità del mezzo a motore derivano dalle politiche insediative (sprawl con abbandono dei centri storici ed espansione delle periferie urbane) e localizzative (collocazione dei poli di attrazione) adottate anche a cittagna negli ultimi anni e da quelle trasportistiche (progressiva e costante costruzione di nuove infrastrutture stradali) che hanno assecondato questa tendenza. Forse dovremo ripensare i nostri spostamenti, diminuire la distanza dei percorsi, assicurando prossimità e possibilità di contatti anche solo con spostamenti pedonali. A tal fine si potrebbe determinare un ambito spazio-temporale coincidente con una parte identificabile di città, che qualcuno chiama (un po’ come i quartieri anni 60-70), entro il quale gli spostamenti necessari per i bisogni quotidiani possano essere compiuti facilmente a piedi o in bicicletta; ogni unità di prossimità dovrebbe pertanto contenere al suo interno i servizi minimi che consentono la soddisfazione dei bisogni più immediati e quotidiani.
Vorrei ricordare che nelle norme di piano si parla di “isola ambientale” come stabilito appunto dalla legislazione regionale: purtroppo tali isole non creano alcuna connessione ecologica e come tali non migliorano l’ecosistema urbano. La già citata multifunzionalità dell’area , forse, e quindi la dotazione di servizi base (una scuola, una rete di mobilità alternativa,un centro di quartiere, un luogo per socialità diffusa) avrebbe permesso di trovare al proprio interno le risorse necessarie al loro sostentamento per evitare l’aumento della materia in entrata ed uscita, che in base alla situazione attuale porterebbe ad una costante crescita della domanda di mobilità (la congestione viabilistica, il consumo di combustibili e delle emissioni inquinanti acustiche e aeriformi ).
Parliamo di coinvolgimento dei cittadini per la condivisione delle scelte?
Parliamo di reti ecologiche?
Parliamo dei problemi reali della città?
Mi interessa sottolineare una cosa: ultimo numero di “Castelfranco Informa” articolo del capogruppo di Vivere sulla questione ex-Fram; certamente il coraggio di prendere certe decisioni gli amministratori lo hanno avuto, questo non glielo toglie nessuno, ma non penso – come si legge nelle prime 5 righe dell’intervento- che questo possa tradursi in “sviluppo sostenibile”. Purtroppo lo sviluppo sostenibile è molto più complesso di bonificare una struttura dall’amianto e recuperare del verde fittizio tra strade ad alto traffico.
Ma qui apriremo un altro dibattito
Dove stiamo andando? Stiamo gestendo un lento declino? Sembra un cane che si morde la coda…..
3 Comments:
Voglio essere ottimista, forse sognatore ma le cose fatte male non vanno mai molto avanti e se ci sono pesone che pensano qualcosa succede sempre!
Scusate centrerà poco ma è importante...il termine "cittagna" venivautilizzato come battuta in un famoso film...vi ricordate quale???
A me risulta:"cittagna ", coniato alcuni anni or sono dal CENSIS per descrivere un insediamento in cui,senza soluzione di continuità,le edificazioni si susseguono intramezzate da residue aree agricole.
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