15 settembre 2006

Bambini e bambini



di Fiorenza Valentini

È opinione assai diffusa che un bambino adottato sia particolarmente fortunato, mentre, al contrario, un bimbo abbandonato fin dalla nascita sia segnato anche nel suo futuro da grande sfortuna.
Certamente nascere e rimanere subito soli e, soprattutto, rifiutati, segnerà profondamente il carattere di queste povere creature, specialmente se affette da malformazioni congenite, ignobile e disumana motivazione dell’abbandono. Coloro i quali non riconoscono come proprio un figlio perché non ha i ‘requisiti’ di perfezione di questa nostra assurda civiltà occidentale, non meritano la qualificazione di persona e nemmeno quella di animale, animali che quasi sempre sono esempio di grandissimo amore e cura verso i loro cuccioli e, a volte, anche verso i cuccioli delle altre femmine del branco. E non è insolito il caso di una cagna che alleva gattini, di una scrofa che allatta cagnetti e così via.
Non parliamo qui di bambini ‘buttati’ o maltrattati o peggio, poiché trattasi di reati talmente feroci che vanno ben oltre qualsiasi cognizione e spiegazione umana.
Dall’altro lato, per un bimbo che sia stato adottato non sempre si viene a creare quella situazione familiare così densa di sfaccettature che per ciascuna famiglia rappresenta un caso unico. Potrebbero crearsi difficoltà di comprensione reciproca a causa delle differenze genetiche, oppure il bimbo (o la bimba) dimostra un carattere troppo vivace o eccessivamente chiuso e riservato, per cui risulta difficoltoso il raggiungimento di quella confidenza che è alla base dei rapporti affettivi.
Apparentemente non esiste una sostanziale differenza fra i problemi che possono sorgere (e in effetti sorgono quasi sempre) fra due genitori e un figlio proprio, e quelli che spuntano con un figlio adottivo, sempre che quest’ultimo venga accettato senza condizioni o preferenze soprattutto nel proprio intimo.
L’evoluzione positiva dei rapporti affettivi tra gli essere umani risiede nella capacità di amare e comprendere gli altri, una dote che certamente non si può apprendere a scuola né leggendo una quantità di libri. Non si tratta quindi dell’intevento di una non meglio identificata Fortuna.
Siamo sempre e comunque noi adulti che ci dobbiamo avvicinare ai figli, cercando di capire quello straordinario e complesso universo che è l’indole e il pensiero del bambino. E non pretendiamo grandi soddisfazioni o risultati straordinari per il fatto di averli messi al mondo oppure adottati, neppure loro sapevano che genitori gli sarebbero capitati